venerdì 13 febbraio 2009

Il Quattrocento e la scuola fiamminga

Il Quattrocento fu un secolo molto importante per quanto riguarda la musica e le arti in generale, poichè l'attenzione si spostò dalla Francia, in cui nonostante l'apparizione del contrappunto l'arte rimane quasi vincolata al periodo gotico, all'Inghilterra e alle Fiandre.
Dalla morte di Machaut alla fioritura dei maestri fiamminghi si ha però un periodo di transizione riempito dai maestri inglesi, fra i quali emerge John Dunstable. La polifonia inglese infatti risultava più gradevole di quella francese per l'adozione delle consonanze imperfette di sesta e di terza e dall sempre maggiore influenza del gusto italiano di esaltare il sentimento, a volte a scapito del testo.
In questo periodo si ha anche una definizione maggiore per quanto riguarda le forme, vengono portate infatti ai massimi livelli musicali la messa e il mottetto. La prima raggiunse un'importanza e un'espressività paragonabile alla sonata settecentesca grazie anche all'aumento delle voci da tre a quattro (superius, altus, tenor e bassus) che diventarono uno schema ricorrente nei secoli successivi. Per quanto riguarda il mottetto, esso non è più una forma schematica (come lo era nel Trecento) ma acquista una maggiore liberà; il contrappunto è formato da melodie di senso compioto e non più da scialbi accompagnamenti.
La vera e propria rivoluzione apportata in questo periodo fu però lo sviluppo del canone, cioè la combinazione di una melodia ripresa successivamente da tutte le altre voci. Questa forma venne acquisita e fatta propria dai maestri fiamminghi, e poi adottata dai massimi maestri della polifonia rinascimentale, barocca e moderna.
Nei decenni intorno alla metà del secolo acquistarono una notevole importanza alcuni compositori che si è soliti indicare con il nome collettivo di Scuola borgognona, i cui più grandi esponenti furono Guillaume Dufay e Gilles Binchois.
Dufay nacque intorno al 1400 nell'Hainaut ai confini tra la Francia e il Belgio. I suoi contatti con l'Italia furono molto intensi: cantore della cappella papale dal 1428 al 1437, era stato prima al servizio dei Malatesta a Rimini e in seguito ai duchi di Savoia.
Nonostante in lui la tecnica dell'imitazione a canone è ancora timida, nelle sue composizioni non riscontriamo mai un'estensione superiore alle tre voci, egli eccelse nella musica sacra.

Il primo dei maestri fiamminghi degno di nota fu Johannes Ockeghem, nato intorno al 1420 nella fiandra orientale. Egli fu ricordato principalmente come il compositore che sviluppò i più sottili artifici della scrittura canonica. Egli fu il primo compositore che sviluppò in modi articolati e vari il rapporto tra le quattro voci del tessuto musicale preparando la strada a Josquin Després.
Egli nacque nell'Hainaut (quindi conterraneo di Dufay) intorno al 1440 e fu riconosciuto dai suoi contemporanei e anche dopo la sua morte come il maggior compositore della scuola fiamminga. Di lui Martin Lutero disse: "Gli altri maestri devono fare come vogliono le note, ma Josquin è il padrone delle note, che hanno dovuto fare come voleva lui".
Després dispone di uno stile complesso eppure agile , che nella sua universalità sintetizza la dottrina fiamminga del contrappunto ed il principio italiano dell'armonia italiana dell'armonia tonale. Ma il merito storico di Josquin è l'attenzione da lui posta per la prima volta nella storia musicale nello stabilire rapporti di coerenza espressiva tra il testo e l'invenzione musicale.
Per questi meriti Josquin Després è considerato il primo musicista del rinascimento; l'integrazione espressiva tra la parola e il canto che egli per primo perseguì fu un principio al quale si rifecero i compositori europei della successiva generazione.

martedì 23 settembre 2008

L'Ars Nova

Se fino al Duecento tutte le forme d'arte tendevano ad esaltare la religione e il mondo trascendente, basti pensare a opere come la Divina commedia di Dante o i crocifissi di Cimabue, nel Trecento si ha una totale rivoluzione a riguardo.

Avanzò rapidamente la secolarizzazione, ovvero la laicizzazione della società. Si ebbe quindi una netta distinzione tra rivelazione divina e ragione umana, la separazione tra Chiesa e Stato, tra religione e scienza.
(Allorto R., 1992, Nuova storia della musica, Milano, Ricordi)


Durante questo secolo quindi, sebbene non si possa individuare uno stile unico in tutta Europa, si ha un aumento della produzione profana.
Anche in campo teorico si ebbero delle innovazioni, in quanto venne riconosciuta pari dignità alla divisione
perfecta (ritmo ternario) e divisione imperfecta (ritmo binario), vennero via via abbandonati i modi ecclesiastici in favore del moderno modo maggiore, il ritmo è sempre più libero e si scioglie dal vincolo del testo per diventare più musicale.
Citando il Pruniéres: «Un'arte nuova sta per sbocciare, un'arte più duttile, più vicina alla vita, corrispondente a ciò che la scultura gotica rappresenta rispetto alla scultura romanica. Un certo realismo idealizzato succede a una concezione puramente immaginaria. Si passa dal piano del sogno a quello della vita».

Il compositore che più si fece strada in questo secolo fu Guillaume de Machaut, che fu anche il primo ad affacciarsi alla storia della musica europea.
Egli nacque intorno al 1300 in un villaggio della Champagne, nel nord della Francia. Dopo avere ricevuto gli ordini sacri nel 1323 passò al servizio di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia e lo seguì nelle sue campagne militari. Con la morte di re Giovanni, avvenuta nel 1346, divenne segretario della figlia Bona, moglie del futuro re di Francia Giovanni II; alla morte di lei (1349) passò al servizio di Carlo II di Navarra. Guillaume de Machaut trascorse l'ultima parte della sua vita a Reims dove morì nel 1377.
Di questo compositore ci resta una vasta produzione: 40 ballate, 20 rondelli, 23 mottetti, 32 virelais, 18 lais e una messa in stile polifonico, che un tempo si credeva composta per l'incoronazione di Carlo V.
Le sue composizioni sono caratterizzate da una grande eleganza melodica e raffinatezza espressiva; mostra inoltre una grande maestria tecnica e padronanza della polifonia.

In Italia, contrariamente a quello che accade in Francia, non si ha un repertorio polifonico locale, ma una tecnica già acquisita; il che fa pensare ad un'influenza dei musicisti francesi e in minor misura inglesi che da tempo praticavano l'arte del contrappunto.
Le forme profane che più si diffusero in Italia durante l'ars nova furono il madrigale, la ballata e la caccia.
Il madrigale trecentesco era una breve composizione in otto versi dei quali due terzine in rima varia e gli ultimi due in rima baciata; la ballata fu la forma più evoluta e diffusa dell'ars nova italiana ed aveva il seguente schema: RIPRESA, PIEDE, PIEDE, VOLTA, RIPRESA. Esse erano di solito a due o a tre voci. La caccia era solitamente un canone a due voci eseguite all'unisono e sostenute da un tenor strumentale ed erano caratterizzate da effetti onomatopeici. Esse trattavano scene di caccia (da cui prende il nome), di pesca, di mercato e di gioco.

giovedì 29 maggio 2008

La nascita delle prime monodie profane

In origine la musica del medioevo era destinata esclusivamente al culto religioso. Nonostante ciò i canti profani in lingua latina persistettero grazie ai giullari e i saltimbanchi, che giravano di corte in corte cantando brani in latino, che potevano basarsi su testi classici o su testi moderni.
Una testimonianza di questa musica profana sono i Carmina Burana, una raccolta di canti goliardici in latino risalente all'incirca al 1230. Questi canti però sono in un latino quasi maccheronico, che ha subito le influenze della lingua volgare. Questi furono poi ripresi all'inizio del XX secolo da Carl Orff che li riportò alla luce.
Un fattore che incentivò la creazione di musica profana fu la nascita delle corti, infatti i castelli non erano più solamente delle roccaforti di difesa ma ospitavano anche il signore e il suo seguito. Quando non c'era la guerra i signori e i cavalieri trascorrevano il loro tempo dedicandosi ad attività sportive e tornei, ma anche ad altre più spirituali, soprattutto la poesia e la narrativa. Fu in seno di questa società che nacque la poesia cavalleresco-cortese che si accompagnò alla musica; i suoi promotori furono grandi principi feudali, a cominciare da Guglielmo IX d'Aquitania, il primo dei trovatori.
In Europa si formarono principalmente tre grandi centri di poesia cortese:
  • In Francia meridionale, dove ci si esprimeva in lingua d'oc, si hanno i trovatori;
  • In Francia settentrionale, dove ci si esprimeva in lingua d'oil, si hanno i trovieri;
  • Nei paesi di lingua tedesca, dove ci si esprimeva in mittlehochdeutsch, si hanno i minnesinger.
Le forme con cui si esprimevano questi "poeti-musici" erano pressocchè le stesse in tutte le corti e si attenevano ai canoni della poesia cavalleresca.
La donna veniva adorata con artificiose espressioni e veniva quasi vista come un'essere inarrivabile. Solo tra i minnesinger questa elevazione si avvicina alla contemplazione religiosa e spirituale, l'omaggio alla donna si avvicina al sacro e al religioso.
Le forme più comuni erano la cansò (aveva una struttura molto simile a quella degli inni), la tenso o joc parti (sotto forma di dialogo tra un uomo e una donna) e la pastourelle (corteggiamento di una pastorella da parte di un cavaliere).

Quand je voy iver retorner (Colin Muset)

giovedì 22 maggio 2008

La nascita della polifonia

In origine il canto a più voci era sconosciuto ad i primi cristiani. Non si sa ancora con precisione come sia nata la polifonia vocale; se per imitazione degli strumenti polivoci utilizzati dai giullari di corte e dai cantastorie, oppure se sia nata da un semplice desiderio di rinnovare il repertorio gregoriano senza intaccarne la purezza. Resta il fatto che dal IX secolo alla fine del XVI la polifonia vocale è stata la principale forma di composizione sacra e profana.
La prima fase di sviluppo della polifonia vocale va dal IX secolo alla metà del XII; durante questo periodo muove i primi passi il contrappunto (tecnica di accompagnamento delle melodie gregoriane punctum contra punctum, nota contro nota), e nascono le prime forme polifoniche.
La prima e più antica forma polifonica fu l'organum, in cui la melodia gregoriana (vox principalis) veniva accompagnata da un'altra melodia (vox organalis), quasi sempre collocata inferiormente e procedente parallelamente ad essa.
Dopo varie rielaborazioni di questa forma, si affermò alla fine del XI secolo il discanto, in cui la vox principalis, posta al grave, era accompagnata in contrappunto dalla vox organalis per moto contrario.
Nel XII secolo in alcuni centri di vita religiosa, e particolarmente nel convento di S. Marziale a Limoges nel sud della Francia e presso il santuario di S. Giacomo Maggiore (Santiago) a Compostella, nella Spagna nordoccidentale, si affermò una nuova forma: l'organum melismatico, in cui al grave veniva collocata una melodia gregoriana (cantus firmus), eseguita a valori larghi, e sopra di essa si svolgeva la vox organalis con movimenti melodici ricchi di fioriture.


Con l'Ars antiqua la polifonia sacra esce dalla fase delle origini e degli esperimenti per affermarsi compiutamente. Il canto a più voci è praticato nelle cantorie delle più importanti cattedrali di Francia, soprattutto a Notre-Dame.
La scuola di Notre-Dame acquistò grande fama principalmente grazie all'opera dei suoi due primi maestri: Léonin e Pérotin.
Léonin o Magister Perotinus si dedicò alla composizione di organa a due voci, e inoltre gli venne attribuita la creazione del Magnus Liber Orrgani, una raccolta di graduali, responsori e alleluja per tutto l'anno liturgico.
Gli succedette Pérotin o Perotinus Magnus, il quale raggiunze una grande pardonanza nella composizione di organa. Egli continuò l'opera di Pérotin, aggiungendo un'ulteriore voce alle sue composizioni e compose inoltre organa a quattro voci.

lunedì 19 maggio 2008

Il canto gregoriano

Con la designazione di canto gregoriano s'intende tutto il complesso della musica fiorita durante il Medioevo in seno alla Chiesa, dalle origini del cristianesimo fino alle origini della polifonia, quindi dell'umanesimo.
San Gregorio Magno, che le diede il nome, compì un'opera di codificazione, di sintesi e di severo richiamo alla correttezza liturgica, quando elementi profani o esotici minacciarono ri corrompere la purezza di tale canto; si pensa quindi che Gregorio, non solo compose alcuni nuovi canti, ma rivide e radunò i canti preesistenti in una specie di summa, l'Antiphonarius Cento, che andò poi perduto durante le invasioni barbariche.
Un ruolo importante l'ebbe la schola cantorum, dapprima cantoria alla quale a Roma era affidata l'esecuzione dei canti durante le cerimonie papali.
Avveniva anche che alcuni cantori venissero invitati Oltralpe per fare conoscere il repertorio autentico dei canti liturgici, quindi la schola cantorum romana servì da modello per analoghi organismi nelle principali sedi vescovili e nei maggiori monasteri, e inoltre contribuì alla diffusione di questo stile di canto, che sarebbe rimasto sconosciuto oltre i confini di Roma a causa della mancanza di una scrittura musicale.



L'esecuzione del canto gregoriano trovò posto nella liturgia, che ebbe una formazione molto lenta ed era composta da due principali cerimonie: la celebrazione eucaristica, comunemente chiamata messa, e gli uffici delle Ore.
La celebrazione eucaristica rievoca l'Ultima cena di Gesù Cristo a Gerusalemme ed è la principale manifestazione del culto della vita cristiana. Essa si articola in tre momenti: riti di introduzione, liturgia della parola e liturgia sacrificale.
Queste tre parti erano composte da diverse preghiere che potevano cambiare a seconda della liturgia o di una festività religiosa (Proprium Missae) oppure rimanere invariate per tutto l'anno liturgico (Ordinarium Missae).
Gli uffici delle Ore (mattutino, laudi, prima, terza sesta, nona, vespro e compieta) invece erano memoria della presenza di Dio nel corso dell'intera giornata.

Gli stili di canto diffusi in questo periodo erano principalmente tre. Il tono di lezione (o accentus), derivato dalla cantillazione ebraica, è una sorta di lettura sillabica intonata. Pure di derivazione ebraica sono i melismi e i vocalizzi. Il canto spiegato (o concentus) che era più comune poteva essere sillabico o semisillabico. In quest'ultimo ad ogni parola venivano fatte corrispondere due, tre, quattro o più note.
Nelle assemblee sacre dei primi secoli ebbe largo impiego la declamazione dei salmi, che poteva essere di tre tipi:

- salmodia antifonica, in cui il celebrante, o un solista, cantava le strofe e l'assemblea rispondeva cantando un versetto che rimaneva sempre lo stesso;

-salmodia allelujatica, in cui il celebrante, o un solista, cantava le strofe e l'assemblea rispondeva cantando alleluja;

- salmodia responsoriale, in cui le strofe erano cantate da un solista e dall'assemblea alternamente.

Il repertorio gregoriano si basa su sale eptafoniche di genere diatonico appartenenti a otto modi; a differenza però di quelle greche, le scale modali ecclesiastiche hanno direzione ascendente.
I modi gregoriani, forse derivati dagli oktoechoi bizantini, raggiunsero forma e definizione stabile verso il X secolo, e si distinguono in autentici e plagali.
Ai modi ecclesiastici nel X secolo furono applicati - in seguito ad un'erronea trascrizione delle scale modali grece - i nomi usati per queste ma con significato diverso.

venerdì 16 maggio 2008

La musica ebraica e il canto presso i primi cristiani

Contrariamente alle altre popolazioni mediterranee, di cui la pratica musicale è testimoniata dalle produzioni pittoriche e scultoree, per quanto riguarda il mondo ebraico, quello che sappiamo ci è stato trasmesso attraverso la Bibbia, poichè essi non praticavano le arti ad eccezione della musica, che veniva usata per glorificare Dio.
In molti passi della Bibbia si parla di canti accompagnati da strumenti e talvolta da danze, con i quali gli ebrei trasmettevano i loro sentimenti di giubilo o di tristezza.
La musica ebraica toccò maggior splendore al periodo dei re; periodo a cui risale la composizione dei 150 salmi, centro della musica e del culto ebraico.
Studi recenti affermano che la matrice dei primi canti cristiani si trova nei modi esecutivi e forme propri della tradizione ebraica.
Queste forme erano la cantillazione, uno stile di recitazione intonata; il jubilus, un vocalizzo a volte molto estesosvolto su di alcune parole rituali (per esempio l'invocazione alleluja); e inoltre grande spazio nel culto ebraico, come già detto, occupava l'esecuzione dei salmi.

Dopo che il cristianesimo si diffuse, in seguito all'editto di Costantino e quindi finite le persecuzioni, si iniziarono a sviluppare, sempre sull'ombra della tradizione ebraica, differenti repertori locali che caratterizzarono i primi secoli del canto cristiano e che vennero poi unificati da papa Gregorio I Magno.
I principali repertori locali del canto cristiano furono il romano antico, l'ambrosiano, l'aquileiese, il beneventano in Italia; il mozarabico in Spagna; e il gallicano nella Gallia.
L'unico tra questi repertori che sia stato in parte conservato fino ai giorni nostri fu il canto ambrosiano (dal nome di S. Ambrogio che ne fu l'iniziatore).
A S. Ambrogio risalgono varie iniziative riguardanti il canto liturgico latino, a cominciare dalla diffusione degli inni, cantate soprattutto dai fedeli al tempo delle lotte contro i seguaci dell'eresia ariana. Inoltre S. Ambrogio adottò adottò il canto salmodico, l'esecuzione antifonica e il jubilus.
Durante i secoli bui della decadenza dell'impero romano la Chiesa di Roma e il papato acquistarono un peso e un'autorità principalmente religiosi ma anche politici.
Il rafforzamento di quest'autorità però richiedeva che la Chiesa presentasse un volto unico, non soltanto sotto l'aspetto dottrinale e teologico, ma anche sotto l'aspetto liturgico.
Il passaggio dai repertori locali ad un repertorio unico, cioè all'unificazione del canto sacro latino richiesero diversi secoli. Esso portò alla formazione del canto gregoriano.

lunedì 12 maggio 2008

Greci e romani: la tragedia

Quando si parla di musica greca, più che della musica in sè, della quale ci rimangono poche testimonianze, ci si riferisce alla concezione che i greci avevano dela musica, cioè tutto quell'insieme di forme artistiche legate al "movimento" ritmico ovvero la danza, la poesia e la musica.
Nonostante le scarse testimonianze, della musica dei greci ci rimane il sistema teorico, fatto dai romani e da essi trasmesso al medioevo cristiano.
La musica greca, povera di strumenti (che con poche varianti si riconducevano principalmente a due tipi, uno di strumento a fiato, l'aulos, e uno di strumento a corde, la lira), aveva un andamento timido; la melodia si muoveva a piccoli intervalli e il ritmo era strettamente legato alla recitazione secondo gli schemi metrici della poesia (metrica quantitativa overo basata sulla ripartizione di sillabe brevi o lunghe).
Ma, come si è già detto, il culmine del'arte greca si ha con la tragedia, in cui si fondono musica, danza e poesia.
Si presume che essa abbia avuto origini religiose, dal sacrificio di un tragos, caprone, sull'altare del dio Dioniso, del quale il sacerdote narrava le vicende terrene. Questo racconto cantato andò evolvendosi fino a perdere ogni rapporto col culto dionisiaco, divenendo semplicemente un racconto dialogato tra un personaggio e un coro.
Presso i greci inoltre la musica aveva una posizione di rilievo anche nell'educazione, per la sua caratteristica di influenzare gli stati d'animo. Nacque così l'etos musicale, fondata sul postulato che la musica non solo può modificare o determinare gli stati d'animo, ma anche agire sulle facoltà volitive.
Proseguendo su questa strada si stabilì che l'azione musicale poteva essere di tre tipi:

- musica diastaltica, o etos energico, che producena un atto di volontà;
- musica sistaltica, o etos snervante, che paralizzava la volontà stessa;
- musica esicastica, o etos estasiante, che provocava uno stato di ebrezza e di estasi.

Per quanto riguarda la musica romana, non conosciamo molto a riguardo. Le prime testimonianze a noi pervenute sulla musica romana riguardano una musica forte della tradizione greca (quindi posteriore alla conquista ellenica). I romani facevano molto uso della musica nelle solennità pubbliche quali trionfi, feste religiose e giochi.

venerdì 9 maggio 2008

La musica nelle civiltà mediterranee preclassiche

Come già detto, la musica è un'arte anctichissima le cui origini non sono identificabili, ma sappiamo che essa era già praticata dai primi uomini.
La musica tribale era un evento importantissimo, perchè accompagnava i principali momenti della tribù, dalle battute di caccia alle cerimonie funebri. Gli strumenti utilizzati erano principalmente tamburi (membranofoni) e altri strumenti a percussione (idiofoni).
Tuttavia, le prime testimonianze certe di uno sviluppo musicale riguardano le popolazioni africane e del medio-oriente e principalmente gli egiziani e i popoli della mesopotamia.

Per gli egiziani la musica (chiamata hy, gioia) aveva origine divina, per cui la sua pratica era assegnata esclusivamente ai sacerdoti. Per questa sua "natura divina" la musica e chi la eseguiva era tenuto in grande considerazione nella società, tanto che l'unica figura al di sopra dei sacerdoti era il faraone (anch'egli proclamatosi di origine divina); per questo motivo non bisogna stupirsi se la musica egizia era praticata esclusivamente nei templi e nella reggia del faraone (per ovvi motivi considerata simile ad un templio).
In seguito alle conquiste militari, gli egiziani vennero a contatto con la cultura e le tradizioni dei popoli vinti, e questo portò ad una serie di innovazioni. L'esercizio della musica venne permesso anche alle donne, in origine sempre di famiglia sacerdotale, ma in seguito anche a donne di origine siriana.Della musica egiziana sappiamo poco, poichè le uniche testimonianze che abbiamo sono dei dipinti e degli strumenti musicali trovati nelle tombe dei faraoni (si pensava che la musica, una volta eseguita tendesse a risuonare all'infinito, quindi nelle tombe venivano messi anche degli strumenti musicali in modo che l'anima del faraone, come la musica potesse risuonare all'infinito).
Uno strumento molto diffuso e antico era l'arpa, già usata durante la IV dinastia, successivamente diffusa in varie dimensioni e perfezionata nella fattura; un'altro strumento molto noto era la cetra; meno diffusa era invece la pandora di origine orientale.
Nel III secolo, l'egiziano Ctesibio d'Alessandria inventò l'hydraulos, o organo idraulico, funzionante ad aria, ma suil principio dei vasi comunicanti.


Per quanto riguarda i popoli della Mesopotamia, possiamo considerarli in stretta analogia agli egiziani. Anche presso questi popoli infatti la musica era stettamente legata ad una funzione religiosa.
Della musica e delle usanze musicali di questi popoli conosciamo principalmente gli strumenti. Gli strumenti più diffusi e impiegati attraverso oltre due millenni di storia furono anzitutto l'arpa, la cetra, di cui un esemplare è rappresentato nello stendardo di Ur, flauti (in legno e in metallo) e vari tipi di idiofoni.

martedì 6 maggio 2008

Le origini della musica

Uno dei quesiti che ha affascinato musicologi, etnologi e antropologi, fu come ebbe inizio la musica.
In quali circostanze è nato quello che noi oggi chiamiamo il linguaggio universale, capace di suscitare sensazioni, sia fisiche che morali?
Qual'è stata la scintilla che ha portato poi alla composizione di lavori eccelsi e immortali, quali la Pastorale o la Nona sinfonia di Beethoven, o la saga dell'Anello dei Nibelunghi di Wagner, o ancora la Traviata, il Rigoletto, o I Vespri siciliani di Verdi?
Molte furono le ipotesi avanzate a riguardo:
nella sua L'origine dell'uomo e la selezione in relazione in base al sesso, Charles Darwin ipotizzò che la musica fosse nata come imitazione dei versi degli altri animali durante la stagione degli amori, e che quindi nelle sue origini la musica avesse uno scopo esclusivamente seduttivo; Herbert Spencer, autore dell'Origine e funzione della musica, riprendendo il pensiero di Rousseau e di Herder, affermò che la musica deriva dal linguaggio parlato, e in particolare dal parlare su toni differenti (probabilmente dovuto alle variazioni dei sentimenti).
Tutto basato sul presupposto che si potesse definire un'origine della musica unico per tutti i popoli. Purtroppo però non possiamo definire un'unica origine per un'arte così ampia e varia come la musica; possiamo però osservare che è dalla musica preistorica e delle popolazioni primitive che si è sviluppata quest'arte e cosa essa significhi per i vari popoli presenti sulla terra.
E' dai momenti di comunità delle tribù che sarebbe nata la musica conviviale, da lì le feste religiose e in seguito la tragedia.
Nietzsche infatti sostiene che la tragedia sia nata dalle feste date in onore di Dioniso, dio della fecondità, del vino e dei vizi. Dal quel miscuglio di musica, danza e dialoghi sarebbe nato il momento più alto della produzione classica, e che poi la Camerata de' Bardi, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, riprese per dar vita all'opera italiana.